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Gli obiettivi principali della gestione terapeutica della spasticità sono migliorare le funzioni attive e passive del paziente, evitare la progressione della disabilità, fornire sollievo dai sintomi, migliorare la qualità della vita, favorire la partecipazione sociale del paziente e, in alcuni casi, ridurre il carico del caregiver.
Gli obiettivi terapeutici vengono formulati dal coordinatore del progetto riabilitativo che organizza il team multidisciplinare, tenendo in considerazione le condizioni cliniche del paziente, il contesto di vita e le aspettative del paziente e del caregiver.
Il progetto riabilitativo è un percorso individualizzato che mira alla funzionalità globale del paziente. La cura della spasticità ne è una parte importante. Il ricorso a figure professionali, eventualmente afferenti a strutture diverse, necessita di un delicato compito di coordinamento, ruolo spettante al responsabile del progetto riabilitativo.
Il paziente deve essere opportunamente informato sui fattori scatenanti e aggravanti la spasticità e sulle opzioni di intervento e di gestione del fenomeno. L’impegno del paziente/caregiver è determinante nel percorso di recupero per il mantenimento degli obiettivi raggiunti con la riabilitazione.
La gestione riabilitativa della spasticità prevede interventi diversi, modulati sulle necessità cliniche di ogni singolo paziente e finalizzati alla:
Questi interventi includono procedure di stretching, di rinforzo muscolare, terapie fisiche, gestione del dolore. Tali procedure, associate ai necessari interventi farmacologici, consentono una gestione delle conseguenze della spasticità il più possibile completa ed efficace.
Possono migliorare il comfort fisico e aiutare a prevenire o limitare lo sviluppo di complicanze. Lo stretching prevede diversi tipi di allungamento muscolare, sia attivi sia passivi, che possono avvalersi dell’uso di dispositivi meccanici con la finalità di normalizzare il tono muscolare, mantenere o aumentare l'estensibilità dei tessuti molli, ridurre il dolore da contrattura e migliorare la funzione motoria.
La debolezza muscolare (paralisi o paresi) è il principale fattore disabilitante nei pazienti con esiti di ictus. Gli esercizi finalizzati a migliorare la forza muscolare hanno un ruolo essenziale nei programmi di riabilitazione, soprattutto nei primi sei mesi successivi all’esordio della malattia.
Nei soggetti colpiti da spasticità l’esecuzione di determinati movimenti è dolorosa e viene quindi evitata. I tutori, od ortesi, sono dei presidi ortopedici che, applicati esternamente, migliorano o controllano la funzionalità compromessa dell’apparato neuromuscolare e scheletrico attraverso una correzione statica o dinamica.
Le ortesi degli arti inferiori possono fornire un posizionamento fisso dell'arto per controllare la spasticità e prevenire le deformità conseguenti; inoltre, compensano la debolezza muscolare e l’instabilità articolare.
L’utilizzo di particolari ortesi, ad es. quelle a molla, consente di contrastare la flessione (o estensione) conseguenti all’ipertono, assecondando nello stesso tempo gli automatismi motori del paziente, e consentendo il movimento articolare. In questo modo, si riducono il dolore e l’irrigidimento muscolare che insorgerebbero se il paziente fosse bloccato costantemente in una posizione fissa.
L’applicazione di onde d'urto, ultrasuoni, elettrostimolazioni, ecc. può risultare utile nell’alleviare i sintomi della spasticità, ridurre il dolore e, a scopo funzionale, per migliorare la funzione neuromuscolare.
La fisio-kinesiterapia ha un ruolo importante già nella fase immediatamente successiva l'ictus, con tecniche differenziate a seconda delle condizioni del paziente e del suo grado di spasticità. Scopi di queste terapie fisiche sono la normalizzazione del tono muscolare ed il ripristino della funzione attiva attraverso una successione di movimenti attivi e passivi.
Gli interventi chirurgici, come la mielotomia, l’allungamento dei tendini, la tenotomia e la trasposizione tendinea, vengono eseguiti per ridurre la spasticità, migliorare la funzionalità, correggere una deformità e, anche, per ragioni estetiche. Si tratta di procedure effettuate abitualmente da chirurghi ortopedici con particolare esperienza nel campo riabilitativo, di concerno con i fisiatri e i fisioterapisti che si occupano di neuro-riabilitazione.
Le terapie farmacologiche miorilassanti attualmente impiegate comprendono miorilassanti ad azione centrale e miorilassanti ad azione periferica.
MIORILASSANTI AD AZIONE CENTRALE
I miorilassanti ad azione centrale possono essere somministrati per via orale (es. derivati dell'acidogamma ammino-butirrico e le benzodiazepine) o per via intratecale, cioè direttamente nel liquor cefalorachidiano, ovvero nel fluido presente nel sistema nervoso centrale, mediante l'impianto di una pompa di infusione.
In particolare, vengono utilizzati ove la spasticità sia un fenomeno generalizzato. Spesso l'approccio farmacologico terapeutico con miorilassanti ad azione centrale avviene con bassi dosaggi per poi incrementare gradualmente per ottenere la risposta terapeutica desiderata.
I miorilassanti ad azione centrale possono essere utilizzati anche in associazione tra loro, in base alle esigenze del singolo paziente, per ottenere il miglior risultato possibile. Lo scopo è quello di ridurre la disabilità legata alla spasticità ed aumentare la funzionalità del paziente.
MIORILASSANTI AD AZIONE PERIFERICA
Tra i miorilassanti ad azione periferica esiste la tossina botulinica, oggi considerata la terapia più efficace per la spasticità si tipo focale, poichè permette un trattamento selettivo e mirato dei muscoli interessati dalla spasticità.
Si tratta di una proteina prodotta da un batterio, il Clostridium botulinum, che agisce a livello delle terminazioni nervose inibendo in modo reversibile il rilascio del mediatore chimico responsabile della stimolazione della contrazione del muscolo, provocando di conseguenza una riduzione del tono muscolare.
La tossina botulinica viene somministrata mediante inoculazioni nei muscoli interessati dalla spasticità. L’effetto, diverso da paziente a paziente, è temporaneo e di durata variabile; per questo motivo, il trattamento deve solitamente essere ripetuto nel tempo.
L’effetto si manifesta nel giro di 7-10 giorni, raggiunge il picco in 4-6 settimane, dopodiché comincia a diminuire.
Per ottimizzare l’efficacia della terapia con tossina botulinica è opportuno associare un trattamento fisioterapico, come stretching muscolare, bendaggio funzionale, vibrazioni meccaniche e stimolazioni elettriche. È utile prevedere un adeguato programma riabilitativo finalizzato alla riduzione ulteriore dell’ipertono, alla mobilizzazione articolare e al recupero delle attività residue. Inoltre, il programma riabilitativo successivo all’utilizzo della tossina botulinica può, in alcune tipologie di pazienti, favorire un ulteriore recupero delle abilità motorie.
Disclaimer
Le informazioni contenute in questo sito sono rese a scopo informativo, non intendono costituire la determinazione di un trattamento e non sostituiscono, in nessun caso, il parere del medico. Si raccomanda di consultare sempre il proprio medico curante e/o uno specialista.