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La spasticità, dal greco “spasmos” che significa "crampo", è una complicanza dell’ictus cerebrale che si manifesta nel 19-38% dei casi ed è caratterizzata da un’alterazione del tono muscolare nota come ipertonia.
Normalmente i muscoli mantengono, anche in assenza di contrazione muscolare volontaria, un’attività di contrazione basale ineliminabile denominata tono muscolare, apprezzabile con semplici manovre come la mobilizzazione passiva dei segmenti corporei e la palpazione dei muscoli scheletrici. In condizioni patologiche il tono muscolare può essere alterato sia in senso di diminuzione (ipotonia) sia, più spesso, in senso di incremento (ipertonia).
La spasticità post-ictus è caratterizzata da un aumento patologico del tono muscolare (ipertono) nelle parti del corpo già alterate per la presenza di deficit di forza (paralisi o paresi) e da una conseguente ulteriore difficoltà di movimento degli arti colpiti, che seguono schemi di movimento stereotipati.
I movimenti vengono gravemente compromessi per contrazioni muscolari involontarie permanenti o saltuarie (sinergie e spasmi) talora dolorose.
Ad essere interessati sono prevalentemente gli arti superiori (spalla, gomito e polso) e inferiori (anca, ginocchio, caviglia), ma le manifestazioni possono riguardare anche il collo, il tronco e il volto.
La spasticità può svilupparsi settimane, mesi o anche anni dopo un ictus; è stato infatti dimostrato che essa non rappresenta la conseguenza solo del danno cerebrale, ma anche di quell’insieme di processi che portano il sistema nervoso a riorganizzarsi per compensare tale danno.
Alcuni dei processi che inducono la spasticità sono potenzialmente modificabili attraverso un intervento mirato che include aspetti farmacologici (infiltrativi e non infiltrativi), riabilitativi e chirurgici.
A seguito di un ictus, i muscoli paralizzati possono sviluppare un aumento abnorme del tono muscolare (ipertono), perdere progressivamente la capacità di estendersi e andare incontro a un’alterazione del controllo motorio e a contrazioni dolorose simili a crampi. Questo ha un notevole impatto sulla vita quotidiana dei pazienti e, di conseguenza, di chi li assiste (caregiver).
La spasticità post-ictus limita il recupero funzionale e incide sulla mobilità, sul lavoro e sulle attività quotidiane; può inoltre condizionare la vita di chi assiste il paziente (caregiver).
La diagnosi della spasticità post-ictus prevede una valutazione approfondita della storia clinica del paziente; segue un esame obiettivo, durante il quale il medico valuta i movimenti muscolari e la loro ampiezza e monitora la frequenza di spasmi e contratture.
In particolare:
A seguito di queste evidenze, il medico potrà programmare un percorso terapeutico personalizzato, identificando gli specialisti che potranno gestire e ottimizzare la riabilitazione del paziente.
È un danno cerebrale che, in Italia, colpisce oltre 150.000 persone ogni anno. Viene causato dall’interruzione dell’apporto di sangue ossigenato in una zona del cervello conseguente all’ostruzione di un’arteria (ictus ischemico) o alla sua rottura (ictus emorragico).
Dopo un ictus si verifica una perdita di funzionalità a carico degli arti e degli organi innervati dall’area cerebrale che ha subìto la lesione.
Le principali conseguenze sono:
Il recupero di parte delle funzionalità è possibile. Infatti, non tutte le cellule dell’area interessata dall’ictus muoiono e, grazie al meccanismo cerebrale della neuroplasticità, alcune aree del cervello possono imparare a svolgere le funzioni eseguite precedentemente dalle cellule lese. A tal proposito risulta fondamentale definire un progetto riabilitativo individuale in ambito multidisciplinare, con l’identificazione degli obiettivi da perseguire con risorse, tecniche e figure professionali dedicate e l’identificazione del setting e dell’intensità più adeguati (ospedale, day hospital, ambulatorio).