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In questa pagina vengono raccolte le risposte ad alcune domande frequenti su argomenti che riguardano il tema della spasticità post-ictus. Le informazioni fornite non costituiscono pareri di tipo medico e/o giuridico.
La spasticità è una complicanza dell’ictus cerebrale che si manifesta nel 19-38% dei casi ed è caratterizzata da un aumento patologico del tono muscolare (ipertono) nelle parti del corpo già alterate per la presenza di deficit di forza (paralisi o paresi) e da una conseguente ulteriore difficoltà di movimento degli arti colpiti.
La spasticità può svilupparsi settimane, mesi o anni dopo un ictus. È presente in circa il 20% dei casi 3 mesi dopo l’ictus ed in circa il 40% ad un anno dall’evento acuto. Difatti, essa non rappresenta la conseguenza solo del danno cerebrale, ma anche di un insieme di processi attraverso i quali il sistema nervoso si riorganizza per compensare il danno.
La spasticità interessa prevalentemente gli arti superiori (spalla, gomito e polso) e inferiori (anca, ginocchio, caviglia), ma le manifestazioni possono riguardare anche il collo, il tronco e il volto. I muscoli perdono la capacità di estendersi e vanno incontro a contrazioni dolorose (crampi). Tra i sintomi della spasticità vi sono: rigidità, affaticamento, spasmi dolorosi, contratture, movimenti incontrollati, posture anomale, dolore, aumento del tono muscolare.
Per diagnosticare la spasticità e solo dopo aver analizzato la storia clinica del paziente, il medico valuta i movimenti muscolari, la loro ampiezza e la frequenza di spasmi e contratture. Lo specialista può utilizzare scale di valutazione specifiche che permettono di approfondire il grado e la severità della spasticità o effettuare un esame elettromiografico che registra i fenomeni elettrici muscolari.
Si. A seconda delle necessità cliniche del paziente, delle sue aspettative e degli obiettivi terapeutici formulati insieme ad un team multidisciplinare, verrà definito un percorso riabilitativo multimodale che consentirà di migliorare le funzioni attive e passive del soggetto, alleviare i sintomi della spasticità e, in generale, migliorare la qualità della vita e la partecipazione sociale.
D’accordo con il medico di famiglia, il paziente può rivolgersi al centro per la cura della spasticità più vicino al proprio domicilio. Contattandolo riceverà le informazioni sulle modalità di accesso.
La chirurgia funzionale, effettuata dal chirurgo ortopedico con specifiche competenze di chirurgia funzionale, viene impiegata con uno scopo definito e non esclude la possibilità di utilizzare trattamenti farmacologici per la spasticità. Questi trattamenti sono spesso sinergici.
L’utilizzo della tossina botulinica nel paziente con ictus è documentato, in letteratura, sin dalle prime settimane dall’ictus nei muscoli con iniziale spasticità e con un dosaggio adeguato all’ipertono, con lo scopo di prevenire il peggioramento e facilitare il recupero motorio.
La fisioterapia, combinata con altri interventi terapeutici, può aiutare a recuperare le funzionalità perdute a causa della spasticità e/o a prevenire lo sviluppo di contratture. Ad esempio, esercizi posturali e di stretching possono migliorare la funzionalità motoria, il comfort fisico e ridurre il dolore da contrattura.
I caregiver, persone che assistono pazienti con spasticità post-ictus, possono rivolgersi alle figure professionali preposte e alle associazioni dei pazienti di riferimento per ricevere consigli, assistenza e intraprendere tutti gli iter burocratici per richiedere i servizi messi a disposizione delle istituzioni.
Le persone con spasticità post-ictus possono richiedere all’INPS il riconoscimento dell’invalidità civile che permette di ottenere una serie di benefici di natura economica e non. Le prestazioni spettanti a ciascun soggetto con spasticità variano a seconda del grado di disabilità accertato dal medico e della sua posizione reddituale.